In prevalenza si era finora ritenuto di ricorrere davanti al giudice tributario
Il rigetto, da parte dell’agenzia delle Entrate, della proposta di transazione fiscale formulata dal contribuente nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis della legge fallimentare è impugnabile dinanzi al tribunale fallimentare, e non al giudice tributario, come è stato sino a ora prevalentemente ritenuto dalla (peraltro scarna) giurisprudenza e ancor più dalla dottrina. Lo hanno affermato le Sezioni Unite della Corte di cassazione con l’ordinanza 25 marzo 2021 n. 8504, pronunciandosi sul ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione proposto dall’agenzia delle Entrate alla Suprema Corte, in merito a una causa originata dal rigetto della domanda di transazione fiscale che la società istante aveva impugnato dinanzi alla Commissione Tributaria.
I principali motivi su cui la Corte di Cassazione ha fondato la propria decisione sono in sintesi i seguenti.
La transazione fiscale costituisce, nell’ambito della “procedura-madre” dell’accordo di ristrutturazione dei debiti o del concordato preventivo, un sub- procedimento avente a oggetto il trattamento dei crediti tributari, connotato da “esclusività”, nel senso che il soddisfacimento di tali debiti può essere regolamentato, con la sola eccezione del caso in cui vengano pagati integralmente e senza dilazione, esclusivamente attraverso la transazione fiscale prevista dall’art. 182-ter della legge fallimentare.
Tale carattere esclusivo rivela la prevalenza, nella transazione fiscale, della ratio concorsuale su quella tributaria, almeno in un’ottica funzionale, essendo essa finalizzata alla definizione concordataria o di ristrutturazione debitoria della crisi d’impresa secondo le regole procedurali dettate dalla legge fallimentare.
La configurazione della transazione fiscale è transitata sostanzialmente immutata dal citato articolo 182-ter nel Codice della crisi e nella novella legislativa introdotta negli articoli 180 e 182-bis della legge fallimentare dalla legge 27 novembre 2020 n. 159; ne discende che queste ultime disposizioni possono essere utilmente impiegate come elemento di valutazione ermeneutica della originaria disciplina, il che assume particolare rilevanza ai fini della risoluzione della questione di cui trattasi.
Infatti, mentre nell’articolo 182-ter non sono presenti disposizioni concernenti l’impugnabilità della mancata adesione alla proposta di transazione fiscale, le nuove versioni dei citati articoli 180 e 182-bis contengono una previsione assai precisa e pregnante, individuando in quello fallimentare il giudice competente per pronunciarsi su tale mancata adesione.
La discrezionalità riconosciuta all’amministrazione finanziaria nello stipulare accordi transattivi è bilanciata dal sindacato giudiziale sul diniego di accettazione della proposta di transazione, che risulta assegnato al giudice ordinario fallimentare.
L’ordinanza 25 marzo 2021 n. 8054 supera quindi la pronuncia delle stesse Sezioni Unite n. 25632/2016, con cui era stata affermata la giurisdizione del giudice tributario con riguardo alla vecchia transazione dei ruoli, rispetto alla quale la transazione fiscale presenta tuttavia diversità che giustificano una diversa conclusione.
Il Sole 24 Ore