Gli occhi del fisco sulla caparra

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Chi non la dichiara rischia una condanna per evasione

Rischia una condanna per evasione fiscale chi non dichiara la caparra percepita nell’ambito di una compravendita. Chi la tace all’erario risponde per dichiarazione infedele. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza numero 23837 di ieri, ha respinto il ricorso del venditore di un complesso immobiliare che aveva ricevuto 800 mila euro a titolo di caparra. Con una interessante motivazione gli Ermellini hanno spiegato che “la caparra confirmatoria risponde ad autonome funzioni: oltre a costituire, in generale, indizio della conclusione del contratto cui accede, incita le parti a darvi esecuzione, considerato che colui che l’ha versata potrà perdere la relativa somma e la controparte potrà essere, eventualmente, tenuta a restituire il doppio di quanto ricevuto in caso di inadempimento ad essa imputabile; può svolgere, inoltre, funzione di anticipazione del prezzo, nel caso di regolare esecuzione del contratto preliminare, costituendo, invece, un risarcimento forfetario in caso d’inadempimento di questo, poiché il suo versamento dispensa dalla prova del quantum del danno subito in caso di inadempimento della controparte, salva la facoltà di richiedere il risarcimento del maggior danno; mentre nell’ipotesi di regolare adempimento del contratto preliminare, la caparra è imputata sul prezzo dei beni oggetto dei definitivi, assoggettabili ad iva, andando a incidere sulla relativa base imponibile e, prima ancora, ad integrare il presupposto impositivo dell’imposta, in base al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 4, l’inadempimento ne propizia il trattenimento, che serve a risarcire il promittente venditore”.

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