Il termine, frutto del Dl Cura Italia, non vale se opera la «scissione» del Dl Rilancio Data di comparizione decisiva in caso di inviti al contraddittorio
Per effetto della sospensione stabilita dal decreto cura Italia (articolo 67 del Dl 18/2020), venerdì 26 marzo scadono i termini di decadenza di molti atti di accertamento.
L’articolo 67 citato ha infatti previsto la sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 dei termini relativi anche all’attività di accertamento: 85 giorni che generano lo spostamento in avanti dei termini per un periodo corrispondente a quello della sospensione. Sicché, per gli atti che erano naturalmente in scadenza al 31 dicembre 2020, occorre fare riferimento alla data del 26 marzo 2021. Quest’ultima non riguarda però gli atti per i quali opera la ormai famosa “scissione decadenziale” del decreto Rilancio (articolo 157 del Dl 34/2020): ciò perché la norma stabilisce espressamente che non si deve tenere conto della sospensione di cui all’articolo 67 citato per gli atti – specificatamente individuati – che dovevano essere emessi entro il 2020 e che verranno notificati nel 2021-22.
Inviti al contraddittorio
Occorre invece fare riferimento alla data del prossimo 26 marzo per tutti gli atti che sono stati preceduti dall’invito al contraddittorio recante come prima data di comparizione un giorno precedente al 27 dicembre 2020. Il riferimento al 27 dicembre scorso è legato ai 90 giorni precedenti il 26 marzo 2021. Infatti, l’articolo 5 del Dlgs 218/1997 stabilisce che il termine di decadenza viene automaticamente prorogato di 120 giorni se tra la data di comparizione indicata dall’ufficio nell’invito al contraddittorio e il termine di decadenza per l’accertamento intercorrono meno di 90 giorni. Si tratta, come già riportato in altre occasioni, di un differimento a favore del Fisco, privo di giustificazione in quanto non legato alla ponderazione delle risposte del contribuente (che darebbe, in tal caso, un senso al necessario principio di effettività del contraddittorio) ma alla – semplice – data di comparizione dello stesso.
Ad ogni modo, per effetto della sospensione stabilita dall’articolo 67 del Dl 18/2020, è chiaro che il differimento dei 120 giorni si conteggia “guardando” la data del 26 marzo 2021 e non quella del 31 dicembre 2020 (come, invece, riportato dalle Entrate nella circolare 25/E/2020). La situazione, perciò, è la seguente:
1 nei rari casi in cui per le annualità in scadenza al 31 dicembre 2020 è stata fissata come prima data di comparizione un giorno a partire dal 28 dicembre scorso (essendo il 27 domenica), il termine di decadenza dell’eventuale atto impositivo è quello dei 120 giorni dopo il 26 marzo (cioè il 24 luglio);
2 per tutti gli inviti al contraddittorio che recavano una prima data di comparizione entro il 26 dicembre 2020 (di fatto entro il 24), l’atto di accertamento in scadenza nel 2020, nel caso in cui non sia stato raggiunto un accordo tra Fisco e contribuente, andrà notificato entro venerdì prossimo per effetto della sospensione stabilita dall’articolo 67 del Dl 18/2020.
Tributi locali e altri atti
Alla data del 26 marzo, come termine di decadenza, occorre anche guardare per l’eventuale differimento dei termini (fino a concorrenza di 60 giorni) stabilito dal comma 7 dell’articolo 10-bis dello Statuto in relazione ai chiarimenti in materia di abuso del diritto.
La scadenza del 26 marzo è inoltre l’unica applicabile con riferimento ai tributi locali (valevole sia per l’emissione che per la notifica degli atti). Questi infatti sono espressamente esclusi dall’ambito di operatività dell’articolo 157 del Dl 34/2020, di tal che per essi trova ingresso senz’altro la sospensione dell’articolo 67 citato (risoluzione Finanze 6/2020).
La posticipazione di 85 giorni, in linea di principio, riguarda tutti i termini pendenti alla data dell’8 marzo 2020. Ne consegue che il medesimo differimento si applicherà anche per le annualità in scadenza, ad esempio, alla fine del 2021, purché i relativi termini di decadenza fossero già iniziati a decorrere all’8 marzo 2020.
Ad esempio, le violazioni degli obblighi dichiarativi Imu riferiti al 2019 non beneficeranno di alcuna proroga, poiché la scadenza era il 31 dicembre 2020 e dunque all’8 marzo 2020 i termini per il controllo non erano pendenti. Al contrario, fruiscono dell’allungamento di 85 giorni, ad esempio, le violazioni degli obblighi di pagamento dell’Imu 2018.
Per verificare le scadenze di legge si ricorda, infine, che occorre distinguere gli illeciti dichiarativi dalle violazioni degli obblighi di pagamento. Per i primi, il termine quinquennale inizia a decorrere dal secondo anno successivo a quello di competenza del tributo (ad esempio, per la dichiarazione relativa al 2015, la scadenza naturale sarebbe il 31 dicembre 2021). Per i secondi, la decorrenza inizia dall’anno successivo.
Il Sole 24 Ore