È nulla la sentenza che, in tema di fatture soggettivamente inesistenti, si limiti ad affermare che il contribuente non ha assolto all’onere probatorio, se non ha preliminarmente verificato le prove prodotte dall’Ufficio. Il Giudice deve infatti riscontrare concretamente che l’amministrazione fiscale abbia dimostrato sia la fittizietà del fornitore, sia anche la consapevolezza del contribuente in relazione alla frode. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con l’ordinanza 26477/22 depositata l’8 settembre.
Una società impugnava dinanzi al giudice tributario due accertamenti con i quali veniva recuperata l’Iva su alcune fatture ritenute soggettivamente inesistenti. In esito ad una verifica, infatti, un fornitore era stato considerato una mera cartiera e pertanto veniva recuperata integralmente l’Iva detratta dalla società. Nei ricorsi, tra i diversi motivi d’impugnazione, veniva evidenziata anche la buona fede della contribuente, atteso che dinanzi ai dati noti, non poteva conoscere le irregolarità commesse dal proprio fornitore.